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Sulle tracce degli orsi invisibili

Siamo Krig, Zoof, Chii ed io e la nostra avventura inizia in modo piuttosto burrascoso: una fotocamera caduta e ormai inutilizzabile, una data definita pochi giorni prima della partenza stessa, un'organizzazione un po' approssimativa. Abbiamo un unico desiderio, immergerci in una nuova avventura, per questo non possiamo lasciarci sopraffare dal caos. 

Prima importantissima cosa: procurarsi la giusta attrezzatura. Quindi è d'obbligo fare tappa al Decathlon che troviamo sulla nostra strada. Cappelli per proteggerci dai raggi UV, snack energetici, pile e ventine, scarpe con suola rinforzata, calzini giusti e un gonnalone (gonna + pantalone) per chi non vuole rinunciare alla sua femminilità anche nei momenti più avventurosi.

Vogliamo vedere l'orso bruno marsicano.
Incontriamo i nostri nuovi compagni d'avventura subito dopo pranzo, in una piazzetta di Pescasseroli. Una cricca variegata, fatta di giovani, giovanissimi, anziani e un po' meno anziani, tutti accomunati dallo stesso desiderio di avventurarsi tra i boschi e di vedere la fantastica bestia. Ma le avventure non sono abbastanza avventurose se senza imprevisti e difficoltà. Gli scarponi di Chii si rompono. Si disintegrano. La suola si stacca e il restante materiale gommoso si sbriciola ad ogni passo. L'avventura prende i tratti di un'impresa titanica. 
Cerchiamo di rimediare con lacci, nastri e cerotto adesivo. Sembriamo un team affiatatissimo, tutti collaborano, ma non serve a nulla; la suola si sfila lasciando la nostra Chii con uno scarpone un po' poco scarpa e di sicuro per niente -one. La sventura però non ci ferma, forse la nostra Chii ha accumulato troppe "botte di culo" nei mesi precedenti. Non mi spiego però la sfiga che continuo io a collezionare da anni e che non porta a molte gioie, ma questa è un'altra storia.
Ci avventuriamo su una pendenza di almeno 45°, camminando su sassi e ciottoli instabili, sotto un sole cocente che sembrava essere a due passi da noi. Dopo venti minuti siamo già stanchi, ma teniamo duro, non possiamo sembrare delle banali personcine di città, sedentarie, con il sedere piatto perché passano troppo tempo davanti al computer. Per questo ci impegniamo e la nostra ricompensa è l'ombroso faggeto in cui ci inoltriamo dopo poco.
«Qui vive l'orso» ci dice la guida «e anche altri animali» spiegandoci le abitudini degli esseri che popolano queste montagne, ed è proprio qui che troviamo una pelosissima cacca di lupo. «I lupi inghiottono anche i peli della preda quindi i loro escrementi hanno questo aspetto» peloso. Una bambina di appena tredici anni comincia ad affondare la sua racchetta nella cacca di lupo, chissà a quale scopo. La madre la sgrida subito dopo.
La nostra camminata riprende tra magiche spiegazioni e panorami meravigliosi: ora sappiamo riconoscere i nidi del picchio verde e conosciamo il motivo per cui il picchio muratore ha questo nome, sappiamo dove possiamo trovare degli orsi addormentati e come comportarci durante un avvistamento, come distinguere alcune tracce e altre cose del genere. Tutto fantastico. Magico.



In sostanza camminiamo un sacco, per ore, sotto il boschetto e tra le radure, in silenzio per non disturbare il riposo degli animali e non spaventarli. Ad un certo punto passa un signore sulla sessantina, capelli grigi, occhi vispi, di corsa, ma allo stesso tempo saltellando, con addosso una canottiera viola di Gasol, giusto per mimetizzarsi e passare inosservato. Ma la sua capacità di correre con agilità e in religioso silenzio tra i boschi è impressionante. Ammirevole. 
Ho quasi la certezza che la sua presenza non sia stata percepita da altri esseri viventi all'infuori di me. Una specie di folletto dei boschi.
Questa convinzione si fortifica nel momento in cui, ripreso il cammino per un'altra quindicina di minuti, alzando lo sguardo lo vedo passare sempre di corsa sul versante della montagna alle nostre spalle, trasportando un fascio di rami secchi che sembra pesare più di lui, a cui è a anche appeso un sacchetto di tela pieno di qualcosa che deduco siano frutti del bosco.
Una figura mistica, probabilmente caratteristica dei boschi di Pescasseroli.
Vediamo anche un cavallo che si rotola sull'erba.

Il primo traguardo della nostra passeggiata avventurosa è raggiungere la valle da cui dovremmo poter godere della vista sulla cima del monte su cui l'orso va a caccia di bacche. La guida ci spiega come sono fatti più o meno i cespugli da cui si nutrono e a fare attenzione perché in lontananza è possibile confondere gli animali con rocce o arbusti; infatti i binocoli che ci danno non sono di alcuna utilità e non aiutano a vedere molto meglio fino a lì sopra.
Riusciamo a malapena a scorgere dei cervi durante il loro passaggio; una coppia che percorre avanti e indietro il pendio e poi un altro solitario venire dal lato opposto, ma il loro spostamento è talmente rapido e distante che non tutti riescono a godersi questa magnifica visione, accompagnata da una scia kimikaaa.
Nel frattempo Zoof medita, un po' a tutti fanno male le chiappe, il sole cala e comincia a fare freddo, infatti indossiamo i nostri indumenti pesanti.
Il secondo traguardo è proprio quello di far calare la notte, mentre anche gli ultimi raggi del sole si nascondono dietro le montagne noi ci rimettiamo in cammino. Piedi ben saldi a terra e torce accese ad illuminare il sentiero. La notte nel bosco è bellissima, silenziosa, fredda e di un'oscurità mai vista prima.
Il terzo traguardo è la cena in baita, al buio praticamente perché ad illuminare la stanzetta, arredata da un unico tavolo e un camino, ci sono solo delle piccole lampade ad olio. In realtà è la compagnia a donare luce all'ambiente, e anche il vino che ci rende tutti più allegri e uniti. Abbiamo perfino fatto la pipì tra gli alberi al buio. Un'esperienza che vale l'intero prezzo del biglietto.
Anche il rientro avviene al buio, sull'ultimo sentiero che porta alla civiltà e lo notiamo subito dalla qualità della strada, che stranamente peggiora, riempiendosi di sassi che finiscono per distruggere definitivamente gli scarponi della nostra Chii e dall'improponibile numero di falene che vengono a svolazzarci in faccia.
Spengo la torcia perché ho paura delle falene. Preferisco camminare nel buio totale.
L'orso comunque non l'abbiamo visto. Forse è invisibile.

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