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L'ostello del terrore

Leggenda narra che i francesi siano piuttosto sporchi, soprattutto a Parigi e soprattutto in alberghi a poche stelle, di catene non internazionali, e negli ostelli.
I luoghi comuni sono piuttosto fastidiosi, spesso limitativi e limitanti. Nessuno si priverebbe mai di una vacanza perché un popolo viene considerato sporco; da chi poi?
La gioventù inoltre ti porta a fare economia, andare a risparmio per spendere tutto poi in cibo e "divertimento" (lo metto tra virgolette perché sicuramente ciò che intendo io per divertimento non è quello che si potrebbe immaginare da questa frase); tanto chi ha intenzione di passare tutta la vacanza nel posto dove devi solo dormire? E come un perfetto elemento rappresentate la categoria dei giovani amanti dei viaggi, come mio solito poi, ho deciso che l'ostello più economico e centrale di Parigi fosse un'opzione allettante e la scelta più giusta da fare. E sinceramente non mi importava neanche di dormire bene o in un posto perfettamente pulito. Per me poteva anche non esserci il bagno.
Ma la delusione si è insinuata dentro di me dopo poco.
Dopo aver aspettato, letteralmente, ore prima di poter fare il check-in, a cavallo del pranzo, con lo stomaco brontolante in preda ai crampi, dopo un viaggio iniziato alle 3 e 30 del mattino, e aver pagato più di quanto riportato sulla ricevuta perché boh, probabilmente la tipa della reception non sapeva fare i calcoli e la debolezza e la stanchezza erano troppe per stare a discutere, così quei ventisette euro in più glieli ho lasciati per disperazione, riesco a salire in stanza. Non l'avessi mai fatto.
L'odore - la puzza - di feci mista a candeggina cominciava a sentirsi dalle scale, e si faceva sempre più forte. Il terrore che potesse venire da qualche parte vicino alla stanza si faceva palpabile, ad ogni gradino sempre di più. E infatti aperta la porta, che dava sull'ala del palazzo in cui era situata la stanza, dovetti richiuderla subito per poter fare un profondo respiro e portare una mano a coprire naso e bocca.
Il mio primo pensiero fu: "i bagni faranno schifo". Non credevo facessero tanto schifo. La scoperta sconvolgente arrivò poco dopo, nel momento del bisogno.
L'unico bagno dell'ala strabordava di melmose feci e oggetti fuori contesto - tipo tappi di bottiglia. Ma se io ho messo piede in stanza subito dopo le pulizie, visto che il pavimento era bagnato e ho incrociato l'inserviente mentre entravo, perché il bagno era in quelle condizioni? E soprattutto da quanto tempo?
Ho provato a resistere, ma la sera, quando lo sconforto e il disagio si fecero troppo forti, dovetti sfogare il mio disgusto con l'addetto alla reception.
«Mi scusi, devo comunicare un problema riscontrato nell'ala della mia stanza. Il bagno è così sporco che l'odore nauseante invade tutta la sezione, fin dentro la camera e non si può respirare».
«Che ci posso fare io? Puoi usare tutti gli altri bagni dell'ostello».
«Non è solo il fatto di non poter usare il bagno, oltre ad essere indecente non è per niente igienico».
«Fino a domani mattina non posso fare niente».
La discussione con lui si concluse così: una risposta secca, priva di emozioni o dispiacere di alcun tipo, che non aggiungeva nulla alla risposta che il mio intelletto mi aveva dato mentre mi preparavo il discorso. Di certo non pretendevo una risposta imminente, volevo solo comunicare un disagio riscontrato da cliente.
Me ne tornai allora in camera cercando di elaborare la sconfitta e per non pensarci mi decisi a fare il letto. 
Le lenzuola, ripiegate sul materasso sembravano pulite, peccato il lieve odorino di muffetta e i capelli di mille colori e lunghezze differenti che ricoprivano la coperta, quasi ne intrecciassero la trama. Sfortunatamente non erano così pulite, non lo era il cuscino e neanche il materasso. Devo ammettere di non aver dormito male, ma la mattina le mie condizioni erano spaventose. Una miriade di bolle e macchie rosse - ne ho contate duecento poi ho smesso - mi ricoprivano il volto, il collo, le spalle e il petto. Il mio aspetto era terribile e il prurito incontenibile mi rendeva impossibile girare per strada senza destare il sospetto nei passanti che portassi una qualche sorta di malattia infettiva.
L'idea di tornare alla reception a discutere mi stringeva lo stomaco in una morsa, ma dovevo combattere le mie ansie e le mie insicurezze, cercare tutti i termini che non conoscevo - tipo "dust mites" e "bedbugs" - per poter mettere su un discorso scorrevole, perché questa era una cosa troppo grande e non potevo permettergli di vincere un'altra volta.
«Buongiorno, mi scusi, vorrei riportare un problema. Come può vedere il mio corpo è ricoperto da bolle che ieri non avevo. Immagino che il mio letto fosse parecchio sporco, il che è un problema serio visto che ho un'allergia agli acari. E non ho mai avuto una reazione del genere in vita mia, non so cosa fare».
«Le cambieremo camera».
Stop. Niente scuse, un'altra volta. Non penso sia una questione culturale, non voglio credere che in Francia non ci sia nessuno in grado di dire "mi scusi per l'inconveniente", soprattutto tra quelli che lavorano a contatto con il cliente. 
A quel punto non potevo far altro che ringraziare e andarmene, consapevole di non poter pretendere di più. Inoltre avevo i minuti contati, dovevo andarmi a mettere in fila per un concerto, cosa che fortunatamente mi ha fatto passare tutta la giornata fuori da quel postaccio.
Era l'una di notte passata quando rientrai in ostello, ovviamente mi dirigo verso la reception prima ancora di salire in camera, per chiarire questa storia del cambiamento di stanza.
«Buonasera, questa mattina ho parlato con la ragazza che era qui perché ho avuto problemi con il letto. Mi ha detto che devo cambiare stanza».
«No, non devi, solo se vuoi».
«Beh, guardi, vista la situazione» a quel punto mi indicai tipo tutta la faccia «credo proprio sia un obbligo cambiare stanza».
«Non è un obbligo, se tu vuoi ti cambio stanza».
«Penso lei non abbia capito. L'obbligo di cambiarmi stanza è il suo e io lo pretendo. Non è stata una mia scelta ritrovarmi in queste condizioni. Grazie».
Ancora una volta neanche un "mi scusi". 
È passato un mese, dopo punture di cortisone, antistaminici e pasticche varie, e ancora non ho risolto totalmente. Ho casualmente incontrato un'amica d'infanzia tornata in Italia per le vacanze, francese, ha vissuto a Parigi per diverso tempo. 
«A Parigi fanno schifo, non puoi fidarti degli ostelli lì», mi ha detto dopo averle raccontato tutta la storia.

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